
Bello ricevere ieri
nella cassetta della posta elettronica, preannunciato da una cordiale
telefonata, il bel post inviatomi dall’amico e giornalista Carlo Franco
che ringrazio per l’attenzione, e nel quale ci parla di un’altra delle
icone storiche di Massa, Giannino Cangiano, ‘o scarpar, articolo che Vi
invito a leggere con attenzione e meditazione. Grazie Carlo e per Voi il
Suo articolo:
L’ULTIMO SCARPARO (Carlo Franco)
Per compensare una estate abbastanza incolore, oggi parliamo di Giannino Cangiano, Giannino ‘o scarparo, l’ultimo prezioso e instancabile artigiano di una Massa che gioca – spesso maldestramente – sui grandi tavoli (il riferimento al pasticciaccio di Marina della Lobra e al boom dei B&B paragonabile ad una invasione di formiche moleste è del tutto voluto) e non ha più tempo per guardarsi indietro e ritrovare l’identità perduta. Nei capannoni degli antichi caseifici che intrecciavano il latte quagliato trasformandolo in un capolavoro chiamato treccia che avrebbe meritato, eccome, il marchio di nobiltà che, invece, non ha mai ottenuto per colpa sua o sotto le pagliarelle che custodivano l’oro di questa terra benedetta sospesa tra mare e cielo, il limone femmeniello che, ormai, è sorrentino anche se continua a crescere qui dove è nato. E’ stato uno scippo, si poteva e si doveva evitare matant’è: Massa organizza le sagre e gli altri fanno i fatti. E’ storia che si ripete.
Come antidoto a queste meste considerazioni di fine estate, allora, lanciamo una proposta politicamente corretta e moralmente ineccepibile per Giannino ‘o scarparo in omaggio ai suoi ottantacinque anni trascorsi in buona parte curvo sul desco di lavoro – ‘o bancariello – ingombro di colle, pelli, coltelli e chiodi, ‘e puntine. Per non parlare del grembiule – ‘o mandesino – che appende al collo e più che ad uno scudo somiglia alla tavolozza di un pittore tant’è ingombro di colori che per una magia compongono una armonia.
Giannino è un tutt’uno con il suo scannetiello, che ha più o meno la sua età, e, guardatelo mentre lavora, è felice solo quando lo lasciano in pace a fare l’unica cosa che sa fare: trasformare vecchie ciabatte in scarpe come nuove. E inventare nuovi modelli. E’ bravissimo a riparare gli errori degli altri, in specie quelli della produzione industriale delle scarpe che non vanno tanto per il sottile nella confezione affidata quasi esclusivamente alla macchina e, quindi senz’anima. Alzi la mano chi non ha vissuto almeno una volta questa esperienza? Nessuno, ne siamo certi.
I villeggianti e i turisti lo stimano e anche i massesi gli vogliono bene anche se danno poco a vederlo. Il nostro ciabattino che ha rubato i segreti del mestiere ai suoi antenati per anni ha ceduto alle sirene del mercato, ma per fortuna sua e nostra, è tornato sui suoi passi e, di colpo, ha ritrovato la serenità. Ed ora veniamo alla proposta annunciata all’inizio: il riconoscimento di bottega d’arte. Dove, magari, Giannino potrebbe insegnare a qualche giovane i segreti di un’ arte che lui ha interpretato in modo nobile. E niente impedisce di pensare che qualche ragazzo, affascinato dal maestro, potrebbe decidere di seguirne le orme salvando un lavoro che altrimenti rischia di scomparire. Come tanti altri.
Carlo Franco