

Il
prossimo 8 settembre è una data da tenere a mente perchè in quella data
tutta la nostra cittadinanza trascorrerà un intenso momento, tutti
insieme, intorno all’amato e caro Professor Luigi Sigismondi, il nostro
stimato professore, memoria storica di Massa Lunrense, alla Quale ha
dedicato la Sua intera vita prima come insegnante ad intere generazioni
di studenti massesi che ancora Lo ricordano con affetto e che Lui
ricorda talvolta con le Sue Composizioni e poi come storico e scrittore,
sono Sue le ricerche insieme a Donato Iaccarino sulla storia, spesso
non a lieto fine, dei tanti giovani massesi caduti nelle Grandi Guerre e
Sue tante composizioni sempre con la nostra Massa come tema dominante.E
noi insieme a Lui ci riuniremo prima nella Pro Loco di Massa con la
presentazione di un’opera a Lui dedicata e poi nella Sua Campo per la
Santa Messa ed il taglio della Torta sulle note dell’inno a Massa
Lubrense da Lui composto.In
apertura la locandina dell’evento organizzato da Pro Loco ed Archeoclub
con la partecipazione del Comune dove potrete leggere di tutti gli
appuntamenti mentre da queste pagine, un po’ in anticipo, gli auguri
miei, della mia famiglia e di tutti i miei Visitatori sparsi per il
mondo al caro professore ringraziandoLo di tutto quello che ha fatto per
il nostro Paese e per tutte le volte che ha avuto attenzione per queste
mie pagine rendendole più preziose. Grazie Luigi!
Ed
a seguire un bellisismo ritratto di Sigismondi scritto dall’amico e
giornalista Carlo Franco e pervenutomi dall’Archeoclub che ringrazio per
l’attenzione:
Buonasera a tutti, avrei voluto essere presente, ma non ce l’ho fatta. So che mi scuserete, ci conosciamo bene.
Parliamo di Luigi Sigismondi, allora. Non è tempo sprecato e non è un omaggio di circostanza ai suoi splendidi novanta anni. Luigi merita ben altro, se l’è guadagnato sul “Campo” degli Aragonesi dove Massa opportunamente lo festeggia. Come parlarne, ecco il problema. Per risolverlo in una maniera che crediamo sarà gradita dal festeggiato tentiamo una scalata di sesto grado e convochiamo idealmente al nostro tavolo i suoi grandi interlocutori: Pietro La Via, Benito Iezzi, Saverio Mollo e Georges Vallet. Potrei ancora estendere gli inviti, ma metteremmo in difficoltà Peppino Scarpati, il maestro tipografo che li ha ospitati nella sua ‘bottega di Vulcano’ – il Sorriso di Erasmo – ponendosi alla pari con i grandi editori che disponevano di sedi più lussuose ma non di una “squadra” di protagonisti in grado di competere per lo scudetto europeo della cultura. Perché questo è stata Massa Lubrense e questo deve tornare ad essere.
Vi piace questa soluzione ardita? E allora su, cominciamo a scalare.
Partiamo dal campo base e rispondiamo subito alla domanda che Franco Simioli si pone nel piccolo prezioso volume di omaggio stampato dall’Archeoclub che è la nostra nuova “bottega” della cultura: Luigi Sigismondi era un “maestro” – cioè un formatore di ragazzi al primo approccio con gli studi – o un “professore” – cioè un docente a più ampio raggio di interessi? La risposta, a mio modo di vedere, è netta, obbligata: né l’una né l’altra opzione sono condivisibili, nonostante le due specializzazioni siano state e sono sempre presenti nella quotidianità del lavoro instancabile e geniale di questo massese che ha posto il suo Paese come centro del mondo ma con l’esperienza di un “esploratore” sui generis che il mondo lo ha davvero girato, in Lambretta addirittura, a dimostrazione di una capacità di “mordere” la vita coltivando gli interessi più disparati. Luigi è insieme un prosatore ma anche un poeta – le due cose quasi mai vanno d’accordo ma a lui la fusione è riuscita con la mediazione di Leopardi; è un esperto di toponomastica ma anche di arredo urbano; è un politico ma non un uomo di parte e questa virtù gli ha consentito di sedere per 31 anni in Consiglio Comunale servendo solo gli interessi dei cittadini. E di farsi apprezzare da tutti, alleati e avversari. Posta in questo modo la dicotomia – maestro o professore – non ha più ragione di essere, soprattutto se aggiungo che si è cimentato anche nei mestieri nei quali l’abilità creativa non può prescindere dalla fatica: accanto a papà Cataldo, infatti, è stato un bravo calzolaio e ha tentato anche altre strade: il muratore, il pittore edile, l’agricoltore e, dulcis in fundo, il fotografo. Questa è la risposta per così dire ufficiale, cioè imposta dall’evidenza dei fatti. Ce n’è un’altra, però ce n’è un’altra, la mia, più intima, ma a mio avviso più fedele all’idea di Sigismondi che mi sono fatta in tanti anni di frequentazione. Anche se Luigi non si frequenta, si ama: c’è troppo slogan in questa immagine, forse, ma è quello che penso.
Per definire il suo carattere, però, occorre soffermarsi su un altro aspetto: Luigi è al centro del grande racconto massese, ma non ha mai ceduto alle lusinghe dell’affermazione personale, dell’adorazione di se stesso. E’ un uomo schivo e come tale le generazioni future dovranno ricordarlo, quando lui avrà concluso la sua laboriosa giornata: il più tardi possibile, ci auguriamo. Mentre scrivo lo vedo salire o scendere via Roma, andando verso casa o in piazza: ieri da Vituccio ‘o tabacchino, oggi nei negozi dove può acquistare libri e riviste. E qui, seguendolo nel suo incedere svelto da passista veloce, mi soffermo su un’altra caratteristica della personalità di Luigi: a mia memoria l’ho visto sempre camminare a riparo del muro quasi avesse bisogno di cercare una protezione. Non è così, Luigi non cerca protezione, è assorto nei suoi pensieri e, magari, in quel momento il suo mondo è altrove. Raramente lo abbiamo visto parlare con gli altri, un saluto fuggevole, magari un sorriso con il quale esprimeva la gioia per l’incontro, ma poi subito via inseguendo i suoi pensieri. A pensarci bene si esalta solo in una occasione e tutti voi sapete che mi sto riferendo alla giornata del IV Novembre: la celebrazione del sacrificio e dell’eroismo delle Forze Armate e dei Caduti massesi nei due conflitti mondiali del secolo scorso. Tanto fervore, insolito per una personalità che si fa scudo della sua riservatezza, merita una spiegazione rigorosamente al di sopra e al di fuori da ogni considerazione meramente politica. Gli faremmo un torto. Diciamo, invece, che la sua parola alata contribuisce ad “accendere” nei suoi concittadini l’orgoglio di appartenere ad una Patria che ha alle spalle una storia gloriosa di cultura e di civiltà a presidio della quale è giusto non dimenticare il sacrificio dei suoi soldati. C’è, però, un dato da cogliere e da tenere ben fermo: solo in quel giorno, il 4 novembre, Luigi Sigismondi, contravvenendo ad uno stile di vita improntato al rigore e alla sobrietà, diventa un gigante. Diventa, cioè, quello che non è, ma la “fuga” dura solo un giorno. Il giorno successivo ritorna nel suo mondo e ridiventa un maestro. So bene di contraddirmi ma lo faccio a ragion veduta perché in fondo so che Luigi è orgoglioso di essere stato il tutor di tante generazioni di giovani massesi. E di averlo fatto con una dedizione assoluta e, con il trascorrere degli anni, sempre più dolente.
Luigi con i suoi scritti e i suoi versi – anche con il suo lavoro di assessore e di consigliere comunale – ha inseguito la parabola del suo Paese e ha cercato di fermare la deriva di una progressiva perdita di identità riproponendo la centralità ferita di Massa Lubrense. Questo desiderio si è fatto bisogno prepotente quando ha deciso che un modo giusto per risollevare il capo fosse riprendersi il futuro di Massa, che ha alle spalle tremila anni di storia, attraverso i suoi “Maggiori”. Nasce da questi pensieri, credo, la decisione di tradurre in italiano “O paese mio” di Saverio Mollo: a me, lo confesso solo ora, questa scelta non mi convinse e non mi convince perché il vernacolo in quell’opera è elemento fondante dell’opera e non può subire alterazioni per non togliere forza all’ “urlo” di amore di Saverio. E’ la mia idea originaria, ma nel tempo mi sono ravveduto perché ho capito che anche in quella circostanza Luigi Sigismondi ha servito la sua vocazione ed ha ripetuto – quante volte lo avrà fatto? – a tutti quelli che non hanno ascoltato la sua lezione morale prima ancora che grammaticale, che la storia di Massa è una storia europea. Non uno sprazzo di cultura popolare. Il messaggio è arrivato, caro Luigi, e te ne rendo merito: grazie di esserci e di aver allietato la mia giornata.
Carlo Franco