
Mugugno e bene comune II parte: Ci scrive l’avvocato Fiorentino
Bello ricevere, come ogni volta che ricevo un articolo da parte Sua, che rende più ricco il dibattito su queste pagine, un nuovo articolo da parte del nostro Giurista ed avvocato Giovanni Fiorentino che stavolta ci manda la seconda parte del Suo intervento intitolato Mugugno e Bene comune che pubblicai settimana scorsa, un suo interessante scritto basato in particolare sulla Sua e nostra Amata Frazione Bomboniera, Schiazzano. Grazie Avvocato e si faccia sentire, o meglio, leggere a breve come promesso.
Mugugno e bene comune (Seconda parte)
Nella prima parte di questo scritto ho voluto porre in evidenza come nel tempo, anche se impercettibilmente nella quotidianità, si stia maturando nel contesto sociale la consapevolezza della interconnessione tra gli interessi pubblico e privato, anche se questa viene colta soprattutto con riferimento a quelle situazioni che direttamente coinvolgono le persone; e notavo come tali prese di coscienza avessero una influenza sul consenso politico, misurabile soprattutto in negativo, maggiore di quella avvertita dal ceto dirigente del paese. Al tempo stesso non mancavo di rilevarne come suo limite sia la carenza di un’adeguata considerazione del bene comune non immediatamente legato ad interessi immediati, nonostante questo abbia un peso ben maggiore nella vita sociale; ed è alle implicanze di tale mancata attenzione che si dà attenzione in questa seconda parte.
Con riferimento alla piazzetta di Schiazzano, rilevavo come il mugugno attenga alla limitazione che la sua occupazione privata comporta all’uso pubblico, laddove ben maggiore è il danno inavvertito che il suo sgradevole impatto, unito a diverse altre situazioni di degrado che si registrano lungo tutta la strada d’accesso alla frazione, apporta al decoro ed all’immagine della località e, di riflesso, all’incidenza negativa sul valore aggiunto di tutto il complesso urbano. Tanto ovviamente accade anche in altri settori, in cui parimenti se non sono pochi i cittadini che mugugnano circa deficienze gestionali che incidono sulle loro situazioni soggettive, quasi nessuno si sofferma e mugugna sulle loro cause prossime e remote; in sintesi, alla richiesta dell’efficacia dell’azione amministrativa non fa riscontro pari attenzione alla sua efficienza, ancor più essenziale per esserne la matrice e condizionarne la portata.
A tal proposito, per dare maggiore concretezza all’assunto, propongo alla riflessione una delle tante iniziative da me attivate con la discrezione del caso durante il mio assessorato. Vi era all’epoca un certo numero di stradini coordinati da un capo, con il compito di provvedere alla manutenzione dei beni comunali sparsi sul territorio. Il loro impegno lavorativo quotidiano, dalle 8 alle 14, si svolgeva con queste scansioni: alle 8 al deposito comunale alla Villarca, per il carico delle attrezzature da trasportarsi con la motoape del Comune sul luogo di lavoro; orientativamente verso le 8,30-9,00, a seconda della lontananza dalla Villarca, raggiungimento del luogo di lavoro; verso le 11, circa 20 minuti di intervallo per la colazione; alle 13,00-13,30, smontaggio del cantiere con ritorno al deposito per poi smontare alle 14. Quanto al coordinatore, suo compito di fatto era il trasporto all’andata ed al ritorno delle attrezzature con la Motoape; nell’intervallo egli era sistematicamente nella sede comunale.
Essendo del tutto evidente l’irrazionalità e l’inefficienza del modello, pur non essendo investito direttamente della cura del settore, mi permisi di suggerire prima l’adozione di un protocollo operativo che prevedesse la convocazione degli stradini interessati per le 8 direttamente sul luogo di operatività da cui avrebbero dovuto smontare alle 14: mi si oppose che non era possibile in quanto gli operai non avrebbero avuto con sé gli strumenti per operare, non sapendo dove custodirli sul posto; proposi in alternativa orari sfalsati per il capo stradino, che avrebbe potuto montare mezz’ora prima e smontare mezz’ora dopo per il trasporto degli attrezzi, recuperando altrimenti l’ora: mi si oppose che non era possibile, perchè quell’ora avrebbe comportato praticamente un aggravio di lavoro (?) per il capo stradino; non ricordo più se proposi altro e cosa mi venne opposto, ma ricordo bene che quel mio tentativo non produsse alcun risultato ed è chiaro per tutti che, ove avesse avuto successo, ci sarebbe stato qualche intervento manutentivo in più e qualche mugugno per situazioni degradate in meno.
Solo un inguaribile visionario poteva pensare che quella situazione del tutto anomala potesse essere normalizzata, se si considera il bacino elettorale della corporazione e delle sue ramificazioni parentali in un contesto nel quale il consenso matura su basi familistiche; eppure ci provai, nella consapevolezza che essa non poco danno procurava al Paese, senza che peraltro i residenti se ne siano dati pensiero e ne abbiano fatto oggetto di mugugno, pur avendo avuto modo di notare la ridotta attività di quel personale.
Una maturazione culturale che si colleghi ad una cosciente solidarietà sociale è, nel più generale interesse, la meta cui tendere, e per cui chiedo attenzione e possibilmente una mano in specie ai giovani di buona volontà che ritengano di poter condividere tale progetto; ma essa non è raggiungibile al punto di poter produrre risultati se non si consolidi fino a divenire pervasiva del ceto dirigente o comunque per esso punto di riferimento: questo sappia chi mi ha invitato a dare suggerimenti ad un mio familiare, vuoi perchè, forse per orgoglio di padre, non ritengo di averne un profilo identitario indistinto rispetto alla classe politica di cui peraltro costituisce solo un tassello vuoi perchè nei nostri rapporti familiari – come si dovrebbe – si è sempre valorizzata la sfera privata, tenuta ben distinta e separata da quella pubblica.
Giovanni Fiorentino