
Bello ricevere, come ogni volta che ricevo un articolo da parte Sua, che rende più ricco il dibattito su queste pagine, un nuovo articolo da parte del nostro Giurista ed avvocato Giovanni Fiorentino che stavolta ci parla delle prossime elezioni referendarie ed amministrative con pensieri che di certo scateneranno il solito e costruttivo dibattito su queste pagine rendendole migliori. Avvocato e si faccia sentire, o meglio, leggere a breve come promesso. Grazie
LE VOTAZIONI SONO UNA COSA SERIA
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Essendo chiamati tra non molto, il 29 marzo, ad un appuntamento elettorale plurimo, vorrei richiamare me stesso e tutti a sottolinearne l’importanza. Probabilmente nei più questo invito si annetterà alle elezioni locali, ed a sollecitare la lettura di questo scritto sarà la curiosità del gossip locale più ancora che l’interesse alla conoscenza di un punto di vista; ma mi corre l’obbligo di chiarire subito che chi ha una siffatta aspettativa sarà irrimediabilmente deluso, avendo importanza le cose serie e non le seriose o peggio ancora le pantomime.
Che senso ha appassionarsi ad una lotta elettorale locale nella quale i programmi sono libri di sogni raffazzonati e tutti uguali, carta straccia inutile per la stessa propaganda perchè nessuno la prende sul serio, necessaria solo perchè imprescindibilmente richiesta per la presentazione delle liste? Radio fante informa che ad affrontarsi per il sindacato dovrebbero essere tre degnissime persone, sicuramente rispettabili; ma la lotta politica vera non è un referendum con la funzione di esprimere sul piano personale una manifestazione di empatia sociale: è contrasto di visioni progettuali di breve e di lungo periodo, né si risolve a fine mandato col sottolineare ciò che si è fatto ma non ciò che si sarebbe potuto fare e non si è fatto, più spesso contrabbandando per opera somma ciò che è solo ordinaria amministrazione.
Per vero, cinque anni fa avevo sperato che le aspettative per un nuovo corso potessero avere una qualche realizzazione; ma nell’attesa del prossimo cimento, infantilmente, gli odierni aspiranti sindaci sono andati l’uno a rimorchio degli eventi, l’altro a criticare per partito preso le modalità del rimorchio che sarebbe avvenuto pressocchè nella stessa maniera a posizioni invertite, il terzo a fare i capricci per non avere avuto il lecca lecca, nessuno a proporre ipotesi di sviluppo. Potrei fare esempi concreti, ma mi fermo qui, non intendendo contravvenire al mio intento; eppure, non riesco a fugare dalla mia mente la reminiscenza di una nota caricatura dell’esercito borbonico apparsa in Francia in concomitanza con la conquista garibaldina del Regno delle due Sicilie nel 1860, che non riporto in quanto sarebbe nel nostro caso sicuramente eccessiva e non generalizzabile.
Non posso tuttavia astenermi dall’amara constatazione che la società civile di questa nostra piccola patria ancora non manifesta la benchè minima capacità di opporre anticorpi ad una competizione elettorale arretrata e senza sbocchi, incapace di elevarsi a lotta politica, che fa vivere il presente del paese alla stregua del passato in inerte attesa del futuro. In una situazione simile, nel 1825, Alphonse de Lamartine definì l’Italia “terra dei morti” suscitando lo sdegno di Guglielmo Pepe, che lo sfidò a duello e, nello scontro che ne seguì, lo ferì al braccio. Oggi non è più epoca di duelli, né è tempo di elevate passioni civili; ma sarebbe il caso che la parte migliore di questo paese, ed in specie la gioventù studiosa, per naturale destino la classe dirigente di domani, qualsiasi sia il suo orientamento ideologico, con il coraggio dei pionieri e senza l’ansia del successo immediato, si proponesse quale polo aggregante di un consenso diversamente motivato, che faccia aggio sulla presa di coscienza che il progresso locale non si ottiene assecondando vanagloriosi personalismi fini a se stessi nell’attesa del futuro che verrà, bensì con la lotta politica che costruisce il futuro; è non è detto che non venga apprezzata né possa avere una funzione di leva.
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Se la passione che l’età non sopisce ha dilatato quella che doveva essere una digressione, non per questo dimentico l’oggetto principale del mio intervento, che sottopongo alla riflessione dei lettori.
Pochi sanno che il 29 marzo saremo chiamati anche a votare sul referendum per il taglio dei parlamentari che, stando ai sondaggi, non dovrebbe avere storia per essere gli italiani disgustati, quasi sempre a ragione, di una classe politica autoreferenziale, generalmente mediocre, non poche volte scadente, che mortifica l’istituzione di appartenenza; d’altro canto, che ci si può attendere in un vergognoso sistema elettorale scientemente studiato per impedire all’elettorato attivo di scegliere i suoi eletti, demandando la scelta ai capi partito?
E’ quindi sicuramente meritato il disprezzo per onorevoli poco onorevoli, nominalmente eletti ma di fatto nominati, che non si risparmiano nel minare in concreto il prestigio del Parlamento di cui fanno parte; e di primo acchito viene spontaneo esprimere il moto di ripulsa con l’approvazione di un provvedimento che assottiglia quella casta: trattasi infatti di una scelta motivata e comprensibile, ampiamente giustificata dal degrado dei comportamenti istituzionali degli eletti.
Ma come tutte le scelte operate in preda ai moti immediati dell’animo, non regge ad una matura riflessione. Se infatti è ragionevole opinare che, per votare come automi, il numero dei parlamentari si appalesa eccessivo, non va dimenticato sia che la loro riduzione allenta ancora più il collegamento tra cittadini ed istituzioni politiche sia che il rapporto elettori/eletti allo stato in Italia è sostanzialmente nella media delle democrazie occidentali sia ancora che l’operazione politica si pone sulla direttrice di un percorso di affievolimento sostanziale della partecipazione democratica e di svuotamento degli istituti di democrazia liberale, iniziatasi dall’epoca di Tangentopoli e che è nell’interesse di tutti contrastare.
Avendo troppo abusato della pazienza e dell’attenzione di chi legge, mi fermo qui; confidando tuttavia di aver suggerito qualche spunto di riflessione, mi riprometto di ritornare in maniera più approfondita sull’argomento.
Giovanni Fiorentino