
A seguire al lettera di Don Rito ai Suoi Parrocchiani ma ritengo che vada bene per tutti i Cristiani e la riporto qui
Ai credenti in Gesù Cristo
delle Comunità Ecclesiali
di Trinità e di Mortora
in Piano di Sorrento
Carissimi,
come pastori e prima ancora come cristiani, nel trambusto mediatico di
questi giorni, abbiamo sentito nel cuore di farvi giungere una parola
alla luce della fede che condividiamo. Come voi e con voi abbiamo atteso
le indicazioni autorevoli del Consiglio dei Ministri e, insieme,
abbiamo ascoltato in tv o letto sui giornali vari pareri di medici e
psicologi, intenti a spiegarci, ciascuno per il proprio campo, come
salvare la nostra salute e al tempo stesso la nostra psiche. Tuttavia da
credenti ci domandiamo se sia tutto qui?
Con fiducia e rispetto delle autorità sanitarie e in obbedienza alle indicazioni della CEI, della Conferenza Episcopale Campana e della nostra Curia Diocesana, anche nelle parrocchie di Trinità e di Mortora confermiamo la sospensione delle attività pastorali fino al 15 marzo, ma, al tempo stesso, questa situazione ci stimola a chiederci se la missione di essere “luce del mondo”, affidata da Gesù alla comunità credente, si esaurisca nel ribadire norme igieniche ormai ripetute su ogni tipo di piattaforma sociale.
Gesù alla gente che lo ascoltava e chiedeva un segno dal cielo, rispondeva “Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?” (Mt 16,3). Proprio in questi tempi stiamo diventando tutti espertissimi del Covid-19 e, per fortuna, accanto ad una pletora di sedicenti opinionisti, il fiore della nostra ricerca scientifica sta già raccogliendo risultati decisivi circa la conoscenza di questo nuovo virus. Ma, come avvertiva Gesù, finiamo per essere capaci di tracciare il codice genetico del coronavirus, ma incapaci di porci la vera domanda che caratterizza l’essere umano: che senso ha quello che stiamo vivendo?
Senza porci seriamente questa domanda rischiamo di cadere o in spiritualistiche e affrettate affermazioni come quelle che hanno descritto questo virus come un nuovo flagello di Dio o in un ancor più assordante silenzio di una chiesa che non riesce ad andare oltre il politically correct, finendo in entrambi i casi per tradire il vangelo di Gesù.
Comprendere, anzi discernere i “segni dei tempi” è un nostro dovere, è l’esercizio della fede cristiana che non è un aspetto superficiale, pronto ad essere messo da parte in un momento di emergenza, anzi. La fede vera, infatti, si scontra con i fatti della vita, anche quelli più drammatici e prova a dar loro un senso nuovo. Già il Concilio Vaticano II nella Costituzione sulla Chiesa nel Mondo contemporaneo, Gaudium et spes (n.4), diceva “è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche”.
L’emergenza coronavirus non può semplicemente farci chiudere le chiese e sospendere un paese, ma, illuminata dal Vangelo di Cristo, deve aiutarci a rispondere agli interrogativi sul senso della vita presente e futura e sulle nostre relazioni. Questo è il compito che la comunità credente deve riscoprire, questo il contributo che i cristiani possono e devono dare al mondo intero, anche ai non credenti. Quale idea della vita emerge dietro una certa psicosi collettiva, anche di persone che vivono la messa domenicale? Quale comprensione della persona umana e delle sue relazioni dietro l’idea del “prega da casa tanto è lo stesso”? Quale speranza della vita futura emerge in un mondo angosciato dall’influenza? Quale idea di solidarietà mostra l’Europa delle nazioni che si trova ora prigioniera della paura dell’altro visto come un pericolo da arginare ed isolare?
Si tratta di domande così profonde che non possiamo avere la presunzione di rispondere in questo testo, ma che neppure possiamo semplicemente evitare con colpevole superficialità. Per questo crediamo che, se in ottemperanza alle indicazioni fornite dalle autorità superiori sono state sospese le attività pastorali, al contrario in questo tempo quaresimale debba fiorire un più vero e più profondo impegno spirituale.
In piena comunione con i vescovi della Campania che nel comunicato del 05.3.2020 hanno confermato “la possibilità di celebrare l’eucaristia e gli appuntamenti di preghiera che caratterizzano questo tempo di quaresima”, ribadiamo che le nostre chiese resteranno aperte e manterranno tutti gli appuntamenti di preghiera (in modo particolare le messe domenicali e la Via crucis), anzi sempre citando la Conferenza Episcopale della nostra regione “desideriamo sottolineare che questo momento è occasione per intensificare la preghiera personale e le forme di preghiera comune, in piccoli gruppi, quali l’adorazione eucaristica prolungata e il santo rosario, con l’intenzione di invocare la grazia della guarigione dei malati, il conforto nell’impegno degli operatori sanitari e la fiducia per una rinnovata speranza di vita”.
Siamo fortemente e concordemente di questo avviso perché conviti di ribadire in questo tempo di crisi che “una chiesa non è un luogo di rischio – né deve essere avvertita tale – ma un luogo di salvezza. È uno spazio in cui accogliamo Colui che è la vita, Gesù Cristo; e dove, attraverso Lui, impariamo a vivere insieme. Una chiesa deve rimanere quello che è: un luogo di speranza” (messaggio di Mons. Pascal Roland, vescovo di Ars-Belley del 5.3.20).
Certamente invitiamo tutti ad attenersi alle norme igieniche prescritte, a cautelarsi se soggetti deboli e/o immunodepressi e a mettersi in autoisolamento se effettivamente entrati in contatto con persone anche solo sospette di coronavirus o provenienti dai focolai identificati nelle cosiddette zone rosse. Ma siamo convinti che questo tempo debba farci stringere nella fede, molto più che allontanarci, debba farci riscoprire fratelli, molto più che possibili untori, debba rinnovare la nostra fede, fino alla fiducia di mettere la nostra vita e quella dei nostri cari nelle mani di Dio.
Questi
giorni siano occasione preziosa per riscoprire quanto costi ma quanto
sia necessaria la preghiera ecclesiale, come questa ci unisca
nell’esperienza di essere il corpo di Cristo. Siano giorni in cui
sperimentare potentemente la preghiera di intercessione per gli
ammalati, per gli scienziati perché le loro ricerche aiutino l’umanità
e, più ancora, per i governarti perché siano illuminati e coraggiosi
promotori del bene comune e non dell’interesse di parte.
Siano
giorni in cui la quarantena ceda di nuovo il posto alla Quaresima, la
paura alla speranza, lo smarrimento alla preghiera.
Buona quaresima di conversione!
Vostri, don Antonio e don Rito