
Carlo Franco sulla nostra Produzione Casearia
Che bello stamattina trovare tra le mail quella di Carlo Franco che, prendendo spunto dal riconoscimento ricevuto dal caseificio Cacace sulla Guida dei Formaggi de l’Espresso e del quale Vi notiziai ieri, ci manda un’altra Sua chicca che traccia un po’ la storia dei nostri Caseifici dalla tradizioni antiche e dai prodotti apprezzati, possiamo dirlo, ai quattro angoli del mondo e prodotti ancora come secoli fa da famiglie che si tramandano le tradizioni di generazione in generazione. Grazie Carlo e per Voi questo bell’articolo:
La notizia dell’inserimento del caseificio di Pierino e Salvatore Cacace nella guida dei formaggi de “L’Espresso” – che equivale ad una laurea in arte casearia con 110, lode e pubblicazione della tesi – ha già fatto, come si dice, il giro delle sette chiese, ma possiede una carica di positività che non può esaurirsi nel semplice annuncio accompagnato dal ritualissimo scambio di auguri. Serve qualcosa in più e pigiando sul tasto dei ricordi si scopre che Massa avrebbe avuto (ed ha ) le carte in regola per tentare il grande balzo in questo settore trainante della gastronomia italiana. Poteva farlo ieri e non l’ha fatto, ma, senza piangersi addosso, potrebbe oggi rimediare all’errore di ieri: le chances sono intatte.
Cominciamo dai cognomi: Cacace occupa un posto di prima fila nel gotha dei casari massesi, accanto a Ruocco, Russo, Valestra, De Gregorio e Savarese e questo vuole dire molto perché parliamo di una autentica eccellenza nazionale. Veniamo al dunque, allora, senza avere paura delle parole: per la “treccia” e per gli altri prodotti del latte Massa non ha ottenuto, come sarebbe stato nelle sue corde, il riconoscimento del prodotto di origine controllata non perché non l’avesse meritato ma perché ha pensato più a lavorare che a mettersi in mostra. E, per giunta, all’esterno delle aziende tutte a conduzione familiare, non ha trovato gli sponsor giusti, anzi non ha trovato proprio sponsor nè quelli politici – il Comune – nè quelli tecnici, cioè i sindacati: tutti hanno voltato la faccia dall’altra parte. Le cose stanno così e la gioia della promozione del lavoro dell’azienda Cacace ripaga solo in parte della delusione per l’occasione mancata. E’ una storia che ho seguito personalmente – per l’affetto che da decenni mi lega alla famiglia del mitico Sabatiello ‘e for ‘e muline – e della quale conosco tutte le tappe: dalla certezza di fare bingo alla delusione finale. Sono trascorsi quarantacinque anni, ma i ricordi sono nitidi: grazie ad un paziente e lungimirante lavoro di tessitura Pasquale, Stefano e Mario Ruocco riuscirono a mettere intorno allo stesso tavolo (che poi erano le panche ospitalissime del bar Osvaldo, il centro di tutto) la quasi totalità dei produttori di treccia e avevano messo a punto anche lo schema di una associazione confrontandolo, dopo un sopralluogo in un grande caseificio di Cremona: bastava dare il via e si poteva partire, ma nessuno ebbe voglia di compiere l’ultimo passo e l’occasione sfumò. Per inerzia.
Ripartiamo da questa esperienza, allora, e alla treccia aggiungiamo il provolone del Monaco che è diventata un’altra eccellenza. Perché abbiamo riaperta una pagina ingiallita dal tempo è facile da spiegare: per stimolare l’orgoglio massese. Sull’onda del grande successo di Pierino e Salvatore i casari massesi potrebbero prendersi una clamorosa rivincita. E prendersi quello che gli tocca: il primo posto.
Carlo Franco
Carlo,
conservo come una reliquia il tuo articolo sul Mattino: la treccia, valore e simbolo di una penisola, con la foto di nonno Sabato e nonna Antonietta che tirano la pasta di formaggio attorno al timo di rame.
Lavoratori instancabili, 365 giorni l’anno sveglia alle 2:30 del mattino per portare la treccia Fresca all’apertura delle 9:00 delle migliori salumerie di Napoli.