

Bello il ricordo pubblicato sulla pagina Facebook del nostro Archeoclub a firma del presidente Stefano Ruocco dell’indimenticato Curato di Marciano Don Mario Romano che tanto su prodigò per i Suoi parrocchiani e non solo e che è riapparso tra i miei ricordi di bambino quando celebrava nella cappellina del Cerriglio ed io andavo a fare il Chierichetto. Che nostalgia, grazie Archeoclub, grazie Stefano, questo il post:
DON MARIO ROMANO: Il Prete cacciatore
Chi si immagina che ci
accingiamo a ricordare un tranquillo prete di campagna si sbaglia di
grosso. Don Mario, all’anagrafe Mariano Romano, più che un prete fu un
vero terremoto che riuscì a scuotere profondamente un’intera comunità
parrocchiale, quella di Marciano, fino a quel momento vissuta in una
condizione di semi isolamento.
Quando si insedia, a Marciano,
infatti, non vi giunge neppure una strada rotabile e si preferisce
arrivarci via mare, quando le condizioni meteo-marine lo consentono. Il
primo obiettivo di Don Mario fu proprio quello di far realizzare quella
strada rotabile, la San Liberatore-Marciano, fino ad allora rimasta solo
nelle intenzioni degli amministratori, e mai diventata neppure
progetto. Iniziava così dalla sua canonica una fitta corrispondenza con
Ministri e Politici di ogni livello da Massa, a Napoli e Roma, e
soprattutto con Silvio Cava col quale instaurò rapporti di stima ed
amicizia.
I tenaci ed incisivi tentativi non andarono a vuoto: nel
1961 Marciano non è più isolata, la strada, anche se ancora in terra
battuta, giunse fino al piazzale soprastante la chiesa. Don Mario, a
questo punto, decide di prendersi la patente di guida e, approfittando
di un’offerta particolarmente vantaggiosa della casa automobilistica,
acquista anche una FIAT 600: Diventerà la macchina parrocchiale, più che
quella personale, perennemente lasciata aperta con le chiavi nel
cruscotto, parcheggiata a monte della chiesa.
Intanto continuava a
coltivare la sua innata passione per la caccia e, all’occorrenza, anche
per la pesca. Appena aveva un momento libero, accompagnato dal suo
fedelissimo cane Bijoux (più che un cane una persona a quattro zampe)
imbroccata la scoppetta e andava a tentare – contento dello scarso
successo – di impallinare qualche volatile al San Costanzo. Spesso si
recava anche da una sua sorella ai piedi del Matese in quel di Alife
(CE), dove non mancavano uccelli di ogni sorta, in compagnia di amici e
parrocchiani.
La sua giornata era sempre frenetica, e si svolgeva,
più che nella canonica, prevalentemente nella vicina dimora della
famiglia Maggio del suo buon amico Liberato. Li pranzava, magari
ospitava anche fedeli o conoscenti e programmava le iniziative
parrocchiali come la “scuola mista” nei locali della chiesa, il “corso
di cucito”, la stampa del bollettino parrocchiale, e tante altre
attività che animavano l’intera comunità marcianese, ormai divenuta una
parrocchia all’avanguardia per quei tempi.
Accanto alla sua opera
pastorale, Don Mario si distinse anche per l’azione politica,
esponendosi spesso e volentieri nelle campagne elettorali (cosa che gli
procurò non pochi problemi). Mise a frutto anche le sue capacità
manageriali valorizzando molti dei terreni posseduti dalla parrocchia
tra il mare e la collina, che non rendevano molto. Sfruttando il momento
favorevole di sviluppo turistico della località, pensò di affidare
alcuni di quei terreni a dei turisti facoltosi affinché vi edificassero
delle residenze estive: residenze che sarebbero poi diventate proprietà
della parrocchia dopo un periodo di tempo concordato (insomma una sorta
di ‘project financing’ ‘ante litteram’). Tale scelta ha portato dopo
alcuni decenni a moltiplicarne enormemente il valore di quei suoli
grazie agli immobili realizzati. Purtroppo, alcuni di essi sono stati
poi incamerati dalla Curia, privando di fatto i Marcianesi di beni a
loro destinati.
Don Mario ha lasciato una traccia indelebile non
solo nella comunità di Marciano, ma anche nelle altre parrocchie, dove
era accolto e amato da tutti, ed ancora oggi molti lo ricordano con
simpatia, affetto e gratitudine per quanto di buono ha seminato. Ma
dove ha inciso profondamente è tra i giovani, diventando un autentico
baluardo a difesa delle loro prerogative. Basta rileggere i suoi
articoli sul periodico “La Trocola”: “Premetto, e tutti lo sanno, chi io
sono stato e sarò sempre con i giovani e per i giovani…” … “…
stroncare ogni loro buona iniziativa per il solo capriccio personale,
con la scusa di gioventù incantata ed inesperta, non è forse la forma
più sottile di criminale superbia umana?” … “Il futuro è nelle loro
mani, e quanto più impediamo di prepararselo tanto più scaviamo tra noi e
loro una fossa che, presto sarà la nostra anticipata sepoltura”. Parole
che non lasciano adito ad alcun dubbio circa l’amore e l’attenzione che
questo grande prete rivolse al mondo giovanile, che, a quei tempi, come
oggi, trovava mille difficoltà per affermarsi.
Resse quella
parrocchia per parecchi anni fino alla sua scomparsa avvenuta l’8 aprile
del 1976. Ci lasciò a causa di una grave forma di flebite alla gamba
sinistra, la cui cura aveva trascurato e rimandato continuamente, pur di
non mancare di celebrare le Sante Messe in tutto il comune o
partecipare – a costo di sofferenze inaudite – a lunghe ed estenuanti
processioni. Tre mesi prima, il 28 gennaio aveva compiuto 64 anni.
Grazie Don Mario!
S.R.