
Bello e commovente
il ricordo del nostro emigrante Antonio Amitrano di Termini che vendette
le Sue Terre per ristrutturare la cappella di San Costanzo sul monte
nelle parole di Elia Fontana che è stato pubblicato sulle pagine
Facebook (clicca qui per tante notizie della nostra storia e gli eventi che organizzano per tenerne viva la memoria) del nostro Archeoclub del Presidente Stefano Ruocco e che voglio condividere con Voi:
L’emigrante che non dimenticò mai San Costanzo
di Elia Fontana
Antonio Amitrano, come tanti nel dopoguerra, lasciò giovanissimo il
paese natio di Termini ed emigrò in Argentina in cerca di condizioni di
vita migliori: si trattava di una scelta ineluttabile e solamente
fisica. La mente degli emigranti infatti torna sempre alla terra
d’origine: lo spostamento fisico da un capo all’altro del mondo è
parziale e la dimensione immateriale dell’individuo rimane nel paesello
natale.
Così quando Antonio venne a sapere delle precarie
condizioni in cui versava la chiesetta di S. Costanzo sull’omonimo
monte, cominciò a pensare ad una soluzione per risolvere il problema,
nonostante vivesse ormai da anni oltreoceano.
Siamo nel 1947 e in
Argentina c’era anche suo cugino, Giovanni Mellino, che meditava di
ritornare in Italia: Costui, che era emigrato per avere la possibilità
di comprare una casa per la famiglia che aveva lasciato a Termini,
rappresentò per Antonio il mezzo con cui “onorare” San Costanzo. Per
realizzare i lavori nella cappellina sul monte, decise di vendere
proprio al cugino Giovanni la casa che ancora possedeva a Termini e
nella quale non sarebbe più tornato.
Presso il Consolato Italiano in
Argentina venne formalizzato così un accordo tra le parti:
successivamente con un atto del notaio Caracciolo di Massa, Giovanni
Mellino con la somma di quindicimila lire rilevò la casa del cugino.
Partirono così i lavori per un consolidamento e un recupero completo
della “casa” di S. Costanzo: Il parroco dell’epoca invitò i Terminesi a
collaborare per trasportare i materiali da costruzione presso la
cappella, mancando la moderna rotabile militare.
Tutti collaborarono
a vario titolo: persino mia madre, che all’epoca era iscritta alle
“Figlie di Maria” (*), trasportò sul Monte la sabbia occorrente per i
lavori.
Nel 1950 i lavori della chiesa era ormai ultimati: sulla
facciata dell’edificio fu posta un’iscrizione marmorea per ricordare ai
posteri l’azione svolta da Antonio Amitrano, ma questa dopo qualche anno
rovinò a terra, probabilmente a causa di un fulmine: così calò l’oblio
su questa storia.
Qualche mese fa, ne ho rinvenuto casualmente prima
alcuni frammenti e poi la gran parte del marmo con l’iscrizione: Ho
chiesto allora in paese di questa storia ormai dimenticata. Un anziano,
Raffaele Cacace, mi ha indicato nella sig.ra Cristina Amitrano la
persona che poteva fornirmi una documentazione in proposito: Infatti la
sig.ra Cristina mi ha mostrato e consentito di pubblicare l’atto
notarile relativo a questa storia. D’accordo poi con Costantino
Amitrano, parente di Antonio, si è deciso di rifare l’iscrizione e
ricollocarla dov’era originariamente. Il lavoro di incisione é stato
eseguito da Antonino D’Esposito.
Dal primo momento che ho ricomposto
le parti di marmo e compreso il significato della scritta riportata, ho
ritenuto doveroso riproporre questa vicenda, finita nascosta nelle
crepe del tempo: magari si riesce così a scalfire una parte del
predominante individualismo odierno.
Antonio Amitrano non fece mai
più ritorno a Termini, ma la sua generosità lo legò indissolubilmente a
San Costanzo: il protettore che non aveva mai dimenticato
Un
ringraziamento particolare a Silvio Vanacore, Salvatore Amitrano, Franco
Esposito, che hanno materialmente ricollocato sulla facciata della
cappella l’iscrizione marmorea.
(*) le “Figlie di Maria sono un’associazione giovanile femminile cattolica di ispirazione mariana